Superbonus – la RPT: si alla cessione dei crediti e renderlo strutturale per almeno 20 anni
La Rete Professioni Tecniche, in audizione al Senato, sottolinea come solo il 3% delle presunte frodi sono riconducibili al Superbonus
La Rete Professioni Tecniche è stata ricevuta oggi presso la Commissione Bilancio del Senato nell’ambito delle audizioni in merito al cosiddetto Decreto Sostegni Ter ed ha riferito, in particolare, sulla delicata questione relativa al Superbonus.
Com’è noto, lo scorso 21 gennaio il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera al decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4, recante, tra le altre cose, l’articolo 28 che modifica la disciplina dello sconto in fattura e della cessione dei crediti d'imposta in materia edilizia ed energetica, escludendo la facoltà di successiva cessione a favore dei primi cessionari.
La RPT ha fatto presente alla Commissione che questa decisione rischia di eliminare, o comunque ridimensionare notevolmente, il mercato del Superbonus che, senza lo strumento della cedibilità del credito, dunque senza il supporto del sistema bancario, non ha alcuna possibilità di sopravvivenza. Di conseguenza, ha proposto un emendamento al decreto atto a ripristinare la cedibilità del credito al fine di tutelare migliaia di imprese, professionisti e centinaia di migliaia di lavoratori che hanno confidato nella misura in questione per investire e credere ancora nella possibilità di intervenire nel mercato edilizio, messo a dura prova da una crisi più che decennale.
La RPT ha contestato innanzitutto la ratio del provvedimento. Limitare la cessione del credito nel timore che si possano realizzare delle frodi sarebbe come limitare il transito nella rete autostradale per evitare violazioni dei limiti di velocità. Al di là di questo, i fatti evidenziano come nessuna delle ipotesi di irregolarità finora manifestate dall’Agenzia delle entrate – presentate dai media come frodi miliardarie - abbia avuto un vaglio definitivo da parte dell’Autorità Giudiziaria, unica abilitata nel nostro ordinamento ad accertare l’esistenza o meno di reati. Ne deriva che, allo stato, non vi è la certezza assoluta di frodi in maniera rilevante, nell’utilizzo del Superbonus.
Questo, peraltro, è confermato dal fatto che gli stessi dati forniti dall’Agenzia delle Entrate, aggiornati al 31 dicembre scorso, attestano che solo il 3% del totale delle presunte frodi (per un importo di 132 milioni di euro) può ricondursi al Superbonus, che in termini assoluti rappresenta però oltre il 34% degli incentivi dal 2020.
Questo evidente paradosso si spiega con i numerosi controlli ed obblighi connessi al Superbonus, definiti nelle norme previste dagli artt.119 e 121 del Decreto Rilancio, anche con le modifiche successive, e quindi con l’attività essenziale di controllo preventivo offerto dai professionisti tecnici e contabili, con le asseverazioni ed i visti di conformità, coperti obbligatoriamente da assicurazione specifica a garanzia totale dell’impegno dello Stato, nonché con la maturazione del credito di imposta (e quindi della possibilità di cessione) solo a seguito di stati d’avanzamento dei lavori certificati dai professionisti, sempre rintracciabili in quanto iscritti negli Albi unici tenuti dai rispettivi Consigli Nazionali e immediatamente consultabili.
Quanto alla cessione successiva del credito, è evidente che la possibile frode nasce dal credito originario e dalla sua legittimità, che, come detto, nei casi di Superbonus, è altamente controllata da norme anche precedenti al citato Decreto antifrode. Le successive cessioni, se relative al credito legittimo, manterranno ovviamente tale condizione.
Per questi motivi, laddove il Decreto Sostegni Ter nega la facoltà di successiva cessione del credito, la Rete Professioni Tecniche propone un emendamento che prevede di inserire quanto segue: “...con facoltà di una sola successiva cessione, e fatto salvo la possibilità di ulteriori cessioni successive a banche e a intermediari finanziari iscritti all’albo previsto dall’articolo 106 del Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia”.
Tale intervento è tanto più necessario se si considera che i continui tentativi di soppressione di una misura fiscale così efficace come il Superbonus gettano nell’incertezza più assoluta i lavoratori e le imprese del settore, costretti dal timore di una sempre imminente possibilità di interruzione del beneficio, a velocizzare al massimo i cantieri aperti, con potenziale riduzione della qualità finale e della dovuta attenzione delle norme di sicurezza dei cantieri. Rischi che non esisterebbero con la certezza di una relativa stabilità della misura.
Non solo. Secondo i dati contenuti in un documento della Camera dei Deputati sugli effetti economici dei bonus, peraltro in gran parte sovrapponibili con quelli già elaborati qualche mese fa dal Centro Studi CNI, nel periodo 1998-2021 lo Stato ha speso 401 miliardi in bonus che però, sommando le maggiori entrate fiscali ad essi connesse, i minori costi e il valore aggiunto creato a favore di imprese e lavoratori, si sono trasformati in un saldo positivo per 35,9 miliardi di euro. Nel periodo 2011-2021 a fronte di una spesa di 310 miliardi di euro, il saldo finale è attivo per 26 miliardi. Considerando, infine, il solo 2021, a fronte di una spesa di 31 miliardi di euro, il saldo è attivo per 3,9 miliardi di euro. Il Superbonus e gli altri incentivi, quindi, non sono soltanto sostenibili economicamente, ma c’è una chiara convenienza nel sostenerli. Senza contare i benefici in termini di qualità della vita, riqualificazione del patrimonio edilizio e vite umane salvate a seguito della riduzione del rischio sismico.
Infine, è il caso di rimarcare gli interventi incentivati dal Superbonus 110% rispondono a principi e a linee di azione che il Paese da tempo ha fatto proprie e che ha stabilito di perseguire attraverso l’adozione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Per tutti questi motivi, oltre a ripristinare la cessione dei crediti, la RPT ritiene essere giunto il momento di riflettere seriamente sulla possibilità di adottare la misura del Superbonus 110% in maniera stabile e strutturale. Nello specifico, propone di prevederne l’applicabilità per un periodo di almeno 20 anni, fatte salve le necessarie considerazioni relative alla sostenibilità.
Roma 14 febbraio 2022