Più fiducia nel lavoro autonomo e rilancio degli investimenti

Il CNI sostiene i professionisti che cbiedono più risorse per infrastrutture ed edilizia

E’ l’appello lanciato dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri durante l’Assemblea di categoria oggi (21 gennaio, ndr) a Roma. Norme farraginose ne appesantiscono l’attività a scapito del paese, sostengono i professionisti che chiedono più risorse per infrastrutture e edilizia Rilanciare il lavoro autonomo, tornare a mettere la progettazione al centro dell’attività edilizia e infrastrutturale, sviluppare gli investimenti, nelle costruzioni, ora in caduta libera. Gli ingegneri italiani, nel corso dell’Assemblea Nazionale di categoria, oggi (21 gennaio, ndr) al Tempio di Adriano a Roma, riaprono il dibattito sull’economia del Paese declinando nello specifico il tema del lavoro. A soffrire particolarmente dell’attuale crisi che sta attraversando l’Italia è proprio quello autonomo, come decretato anche dalla ricerca del centro Studi del Cni presentata durante l’evento. Negli ultimi sei anni, dal 2008 al 2014, i liberi professionisti del settore hanno subito un calo del reddito del 20% e questo dato, secondo gli ingegneri, spinge ad una riflessione sulle attuali politiche del lavoro. La modifica in senso restrittivo dei minimi, l’abolizione della cassa integrazione Guadagni in deroga per i dipendenti degli studi professionali, l’aumento per la gestione separata Inps che i professionisti saranno tenuti a versare, “sono solo esempi delle regole limitanti che appesantiscono il comparto. Il lavoro autonomo è sempre più determinante per lo sviluppo del Paese, una forza sociale da consultare, dal Governo e dal Parlamento, nelle scelte importanti”, ha spiegato il Presidente del Cni Armando Zambrano, che prosegue: “All’interno di questa componente, il sistema ordinistico può candidarsi a essere guida di una platea molto più vasta di lavoratori, di imprenditori di se stessi, di partite Iva, da molti ritenuta sprezzantemente lavoro precario”. L’Italia, tuttavia, patisce sia una forte carenza di investimenti sia la mancata centralità offerta alla progettazione delle opere. Qualche dato a supporto dell’affermazione: tra il 2008 e il 2014 la flessione degli investimenti nelle costruzioni è stata del 28%. Rispetto all’anno precedente la contrazione è stata dell’8,5% per le abitazioni, del 3,5% per quelle non residenziali e del 4,3% in opere pubbliche (dal 2010 è stata superiore del 9%, dal 2012 del 12%). Occorre, quindi, investire adeguatamente anche le non molte risorse esistenti e “sono almeno sei – spiega il Vice presidente vicario del Cni Fabio Bonfà - i settori su cui incentrare l’attenzione, serve un piano di infrastrutture tradizionali e innovative adeguate ad un Paese moderno e competitivo, occorre realizzare quanto previsto nei programmi di Agenda digitale per l’Italia, è necessario un programma organico di interventi nel risparmio energetico, bisogna intervenire, nel campo della messa in sicurezza dal rischio sismico, incentivare la divulgazione degli Open Data delle pubbliche amministrazioni”. Capitolo progettazioni. In Italia, la loro incidenza si colloca appena sopra il 10% del valore delle opere, a fronte del 33% del Regno Unito, del 25% di Spagna e Francia e del 20% della Germania. “La pubblica amministrazione deve tornare a riconoscere la centralità e terzietà del progetto – sostengono gli ingegneri - perché esso deve rispondere a criteri di qualità, economia e funzionalità; il progetto deve essere redatto da chi ha le conoscenze, le esperienze e la capacità per farlo e non può essere affidato, come sempre più spesso avviene, alle imprese solo nelle fasi successive al preliminare”. Eppure la fiducia nell’ingegneria resta alta: il 90% dei laureati ripercorrerebbe ancora la stessa strada.

Roma, 21 gennaio 2015

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Comunicato stampa